PROLOGO: Cape Cliff,
Salisgraveshire, Scozia Nord Occidentale
Qualunque agenzia di viaggi
degna di tal nome avrebbe decisamente sconsigliato ad uno sprovveduto turista
dal fare di Cape Cliff una meta del proprio viaggio.
Il villaggio di pescatori che
sorgeva in prossimità delle turbolente coste scozzesi, battute dalle tempeste
quasi tutto l’anno, era abitato da una comunità chiusa e tutt’altro che
ospitale verso gli stranieri, soprattutto i turisti. E lo splendido castello
scavato nella solida roccia era abitato da un proprietario per il quale la
riservatezza era uno status inviolabile. Fra Sir Victor Salisgrave, Cavaliere
dell’Ordine della Giarrettiera e dell’Ordine del Cardo, Signore del Castello di
Salisgrave, 25° Lord di Cape Cliff, 19° Conte di Salisgrave, e la comunità dei
pescatori del villaggio esisteva un rapporto pari a quello che c’era fra un Re
ed i suoi sudditi. E Victor non aveva alcun desiderio di turbarlo in nome di un
po’ di valuta.
Solo di recente, degli
stranieri erano stati ammessi nella ristrettissima cerchia del Conte, e per far
fronte ad una minaccia per il mondo intero[i], e
per adempiere a dei piani noti solo al Conte stesso.
Stranieri molto speciali,
guerrieri delle tenebre, non eroi ma oscuri angeli il cui passato era macchiato
di sangue innocente. Alcuni di questi angeli cercavano redenzione, altri
stavano scoprendo in questo strano gruppo un ottimo modo per sfuggire alla
giustizia degli uomini, e altri vi cercavano solo sicurezza. Solo uno di loro
aveva il cuore puro, ed un altro ancora era imperscrutabile nelle proprie
intenzioni come il Conte di Salisgrave stesso.
Questo variopinto gruppo era
noto come i
MARVELIT presenta
SUPERNATURALS
Episodio 20 - Se non vuoi combatterlo…
Uno per uno, essi erano:
Ø
Ahmad Azis, Anubi, l’avatar vivente del dio-sciacallo egizio.
Ø
William Allen, Carrion, un morto vivente nato con il contributo della
scienza.
Ø
Phillip Jason Macendale, Hobgoblin, un tempo uomo, ora un vero demone vivente.
Ø
Lilith Dracula,
figlia del potente arcivampiro e nuova Sovrana di tutti i vampiri.
Ø
Tilda Johnson, Nightshade, una donna che attraverso la scienza si era fatta
lupa a tutti gli effetti.
Ø
Zachary Moonhunter, pentito cacciatore di licantropi ed ex membro dello staff di terra
dei Vendicatori.
Ø
Bram Velsing, Dreadknight, il sinistro cavaliere dalla maschera di ferro fusa
al proprio volto.
Ø
Joseph Conroy, Inferno, un uomo che il fato aveva trasformato in un ammasso
di metallo vivente dalle proprietà magiche.
Ø
Trevor Corson, Hood, un esule dell’elusiva dimensione del Darkmere.
E, chi in piedi, chi seduto su
una poltrona nell’ampio salone per gli ospiti, tutti fissavano l’anziana ed
emaciata figura del loro anfitrione, seduto accanto ad uno scoppiettante
camino.
Victor era stato derubato
della sua giovinezza attraverso un vile inganno, ed ora ricordava più un morto
che ancora rifiutasse il proprio status che il potente stregone Pitto che era.
Ma nei suoi modi e nella sua voce, bruciava ancora forte il fuoco della sua
indomabile volontà.
“Un resoconto…affascinante,
giovane Corson,” commentò il Conte di Salisgrave con una voce che sembrava
venire da qualche abisso oltre la vita. “Le forze che governano il Darkmere,
per fortuna, sembrano intenzionate a non oltrepassare i propri confini… Ma non
possiamo contarci per sempre, temo.”
“Prego..?” fece il ragazzo,
trasmettendo istintivamente il proprio nervosismo al mantello vivente che
indossava. Le falde del mantello si agitarono leggermente in un movimento
fluido.
“Temo che prima o poi, le
antiche divinità dell’Interregno
spostino la loro attenzione su quel piano. Più prima che poi, dopo che quel
pazzo di Thulsa Doom è riuscito ad
aprire l’Oculum Infernalis[ii]. La risonanza di
quell’evento è stata percepita fino a qui, deve avere funzionato come un faro
per quelle creature.”
L’Interregno. Le menti di
Carrion, Hobgoblin, Lilith, Nightshade, Moonhunter e Dreadknight andarono a
quando quella squadra era stata convocata la prima volta…
Gli abitanti dell’Interregno
erano i cosiddetti Antichi della Seconda Generazione, i figli diretti di Set,
Gaea, Chton… Governarono crudelmente sul mondo fino a quando nuovi dei non li
sostituirono, quegli dei a loro volta padri di Odino, Ra, Anubi, Manitou, Zeus…
Ma gli Antichi, rifiutando a loro volta l’estinzione, usarono le loro forze per
creare una ‘tasca’ dimensionale, l’Interregno appunto.
Ma neanche la vita degli dei
era eterna, e gli antichi, completamente dimenticati dall’Uomo della cui fede
si nutrivano, stavano arrivando al punto in cui la fame di energia li stava
uccidendo. Per salvarsi, avevano predisposto eoni addietro un varco composto di
diversi sigilli mistici sparsi per il
mondo. Da quei varchi, al giusto momento, sarebbero tornati per ricostruire il
loro regno… Ma erano stati fermati dai Supernaturals e da una catena di eventi
sfortunati. Per il momento…
“Se è al Darkmere che puntano,
che se lo tengano,” disse Hobgoblin con quella sua voce inumana, repellente e
gutturale. “Cosa dovrebbe importarcene, di un mondo parallelo?”
“Non ‘dovrebbe’, Hobgoblin. Deve,” fu la quieta risposta. “Il
Darkmere non è un riflesso del nostro mondo. È come un’ombra, una parte
inscindibile della sua stessa essenza.
“Quello che succede qui si
riflette sul Darkmere. Se una città viene distrutta qui, lo stesso accadrà lì,
anche se in circostanze diverse. E per quanto fermo sia il controllo di questo Triumvirato e dei suoi Grifoni, loro non
possono trasformare il Darkmere a loro piacimento. Non è nella natura del Darkmere
di accettare un simile squilibrio… Ma se in qualche modo gli dei
dell’Interregno riuscissero a infrangere quel limite, sarebbe il nostro continuum a rifletterne le
conseguenze.”
“C’è una cosa che volevo
chiederle,” disse Nightshade. Aveva l’aria preoccupata, le orecchie basse sul
cranio. “Nel Darkmere, abbiamo perso Nebulon
e Tagak[iii]… Ma come è stato
possibile? Perché il Caduceo non li ha protetti come è successo altre volte?”
Victor picchiettò sul
bracciolo della sua poltrona con un’unghia lunga e crepata per circa un minuto,
prima di rispondere, “Non lo so. La migliore ipotesi che posso fare è che la
magia che regola il Darkmere sia più potente, o troppo…diversa di quella degli
Sterling. Purtroppo, ogni dimensione è regolata dalle sue leggi, quando si
tratta di magia. Sono addolorato per la perdita di due validi elementi come
loro.” Non aggiunse altro, tanto tutti sapevano che il suo ‘dolore’ non
riguardava certo il suo lato umano, ammesso che ne avesse mai avuto uno…
Lo sguardo del Conte si spostò
sulla bella Lilith. “Preparerò una tattica opportuna, ma ora abbiamo altro di
cui occuparci, non è vero Regina dei Vampiri?” Dentro le orbite nere, gli occhi
incassati brillarono di una luce sinistra. “Non hai avuto ripensamenti sulla
tua decisione?”
La vampira si alzò in piedi.
“No, non ne ho avuti: dato il mio nuovo ruolo, non posso perdere altro tempo in
questo gruppo. Qualcun altro custodirà la mia porzione del Caduceo degli Sterling.” Il Caduceo era un mistico talismano, abbastanza
potente da garantire l’invulnerabilità dagli attacchi letali, qualcosa i cui
scopi ed importanza erano nascosti ai Supernaturals: esso era stato loro
imposto senza che ne sapessero nulla, ed era la sua forza a tenerli insieme,
volenti o nolenti. Uno o più di loro poteva cedere la propria parte a qualcun
altro, ma solo trovando un candidato adatto…
Victor Salisgrave annuì. “In
questo caso, posso farti un favore: se non ricordo male, ci sono almeno due
tuoi ‘rivali’ che possono interferire con la tua posizione…”
Lilith annuì. Due arcivampiri,
Deacon Frost e il Barone Serjey D’Arby. Il primo era non
solo potente, ma era anche versato nelle scienze. Le sue conoscenze potevano
generare nuovi, pericolosi mostri al proprio servizio, ed essendo quello di
Signore dei Vampiri un titolo tutt’altro che intoccabile…
Di D’Arby Lilith aveva non
meno da temere. Lui si era fatto vampirizzare volontariamente, per acquisire potere, e per essere sicuro di non
essere un vampiro succubo, si era protetto con gli oscuri incantesimi del Necronomicon… Ma questo, lei lo scoprì
solo dopo averlo ri-incontrato, poco tempo fa, non solo come arcivampiro ma
anche come sovrano dei temuti Farkaskoldoi,
i licantropi-vampiro[iv].
“E
come potrebbe aiutarmi, Conte?” chiese lei, dubbiosa. Quel mortale aveva la
pessima abitudine di pensare come un principe bizantino… Non sapevi mai dove
andava a parare, almeno fino a quando non ti trovati troppo coinvolto per uscirne…
Havengarden, Florida, USA
Havengarden, o semplicemente
‘Il Giardino’, come lo chiamavano i residenti, era essenzialmente un pensionato
di lusso. Sito nell’entroterra, protetto dal maltempo dalla barriera naturale
delle colline, consisteva di una ventina di villette disposte lungo una strada
cieca, che terminava nella ‘bolla’ della piazza, con i suoi due bar, un
minimall con cinema e la stazione di polizia… Non che ce ne fosse veramente
bisogno, visto che mai poliziotto privato avrebbe potuto avere lavoro più
facile. Il più giovane dei residenti aveva cinquanta anni, e nessuno aveva
voglia di avvelenarsi il fegato a colpi di cicchetti. I reati più grossi erano
certi insulti che solo uno che si era fatto le ossa a Wall Street poteva
conoscere. Il brivido della velocità non andava oltre le sessanta miglia
orarie. I soli che fossero veramente occupati erano gli avvocati, ai quali
veniva chiesto di giocare regolarmente a Risiko con le clausole del regolamento
condominiale. La vera e sola arena di Havengarden era l’edificio dove si
tenevano le riunioni ‘condominiali’. Lì sì che volavano scintille! I vecchietti
trovavano in quelle occasioni la grinta dei trent’anni…
Ma tutto questo era cambiato,
da qualche tempo. I tranquilli ritmi del Giardino avevano preso una nuova
piega, si erano polarizzati interamente sulle ore notturne. Chi fosse passato
di giorno, non avrebbe incontrato nessuno per la strada. I telefoni squillavano
a vuoto, nelle case. La posta non veniva più ritirata e si accumulava davanti
alle porte. I camion venuti per il rifornimento al mall ed ai locali di ristoro
non trovavano nessuno ad accoglierli. Nei frigoriferi delle case, dei bar e del
supermercato, si era diffuso l’inequivocabile lezzo rancido del cibo andato a
male. In tutte le case, le finestre erano chiuse, come se ogni edificio fosse
diventato un sepolcro in cui nascondere la vergogna della verità.
Il Giardino ospitava centoventi
anime, incluse le forze di polizia. Nessuna di loro era morta, purtroppo…come
temevano le persone a bordo del SUV che stava percorrendo la strada che
tagliava in due il villaggio.
L’auto si fermò nella piazza.
Era un esemplare monovolume nero, con le cromature di vero argento, ed i
finestrini polarizzati quasi neri. Ottimi per guardare fuori senza essere visti
da fuori.
Il clacson risuonò tre volte,
a lungo, nel silenzio di Havengarden. Ma nessuno venne fuori dalle case, nessun
suono rispose. Il motore fu spento. Un attimo dopo, le quattro porte si
aprirono contemporaneamente, ed uscirono due uomini e due donne. Erano tutti e
quattro all’apice della forma, nessuno più vecchio di trenta anni.
Indossavano delle uniformi
imbottite di tipo militare, che li coprivano completamente dal collo in giù.
Sotto i colletti rialzati, alla luce di mezzogiorno, brillavano dei collari
sottili di argento purissimo. Sui volti portavano degli occhiali a specchio. Il
cranio era protetto da robusti elmetti molto bassi.
E, soprattutto, ognuno di loro
sembrava un arsenale ambulante: bandoliere di munizioni, due pistole di un
modello sofisticato ed inedito alla vita, le else di due spade che spuntavano
da dietro la schiena. Una bandoliera di paletti di legno aguzzi per ogni
avambraccio.
“Jo Beth, Chuck,” disse l’uomo
in testa, guardandosi intorno con prudenza. “Voi controllate il lato nord. Io e
Sam prendiamo il sud. Temo che dobbiamo pensare al peggio.”
Jo Beth, la più robusta delle
due donne, con un tatuaggio a foggia di serpente sul dorso della mano, e Chuck,
un individuo ingannevolmente magro, con una leggera barba rossa, annuirono e si
diressero verso la prima villetta.
Il volto di Sam non tradì la
minima emozione, mentre seguiva il capogruppo, un uomo dal volto scavato e
sottile, un Peter Cushing giovane e muscoloso. “È possibile che il contagio si
sia già esteso all’intera comunità, capo?” chiese lei.
L’uomo annuì. “Il responsabile
deve essere un individuo estremamente arrogante, per agire così in fretta e
senza curarsi che qualcuno avrebbe sospettato della scomparsa di una piccola
comunità. Queste erano persone influenti, avevano amici e parenti con i quali
erano regolarmente in contatto…”
L’uomo e Sam arrivarono alla
prima casa sul lato sud della strada,alla loro destra. Non c’era nulla di
minaccioso, a vederla: era solo una villetta bianca, con un giardino tagliato
alla perfezione e delimitato dal suo steccato bianco. L’ingresso dava su un
elegante veranda tirata a lustro.
Eppure, i due umani si
avvicinarono con la prudenza collaudata del loro mestiere. Arrivati
all’ingresso, non si curarono neppure di suonare. L’uomo tirò un calcio ben
assestato, e spalancò la porta.
La prima cosa che li accolse,
dentro, fu il puzzo: uno spaventoso
cocktail di sangue e qualcosa di marcio, come se una tomba fosse stata appena
scoperchiata…
Sam e il ‘Capo’ arricciarono
il naso, ma non erano spaventati… Semmai, ora erano certi che i loro sospetti
si erano avverati, anche se…
Un tentativo di accendere la
luce si rivelò, ovviamente, infruttuoso. Il buio era rotto solo dalla luce che
veniva dalla porta.
Il ‘Capo’ accese i proiettori del
suo elmetto, subito imitato da Sam. Due potenti fasci di luce riempirono il
salotto…e misero in evidenza i simboli.
“Questa dovevo ancora
vederla,” commentò Sam.
Le pareti erano coperte da
elaborati simboli contornati di parole di una lingua sconosciuta. Niente
pentagrammi o simili oscenità…e questo preoccupava l’uomo non poco. “Vlad Tepes Dracula non è il tipo da
ricorrere a simili artifici. Il nostro avversario appartiene ad un’altra
categoria.” Si sentì dispiaciuto, in un certo senso: il corpo di Dracula
l’arcivampiro era scomparso, e nell’ambiente dei Cacciatori di Vampiri, tutti erano certi che la sua ennesima
‘morte’ non fosse che un sotterfugio per permettergli di portare avanti
indisturbato i suoi piani…
In quel momento, giunse alle
loro orecchie il suono di vetri e legno infranti!
I due si scambiarono una
rapida occhiata e corsero verso la porta…che però si chiuse davanti a loro!
“Tsk
tsk, che maleducati ad andarvene via così di corsa proprio ora che siete
arrivati,” disse una voce divertita alle loro spalle.
Jo Beth e Chuck, entrando, si
erano ritrovati a contemplare lo stesso spettacolo di sangue dei loro colleghi,
ponendosi gli stessi dubbi e domande del loro capo.
Senza abbassare la guardia un
solo istante, percorsero il salotto e da lì andarono in cucina, direttamente
verso la scala che conduceva alla cantina. Si erano procurati le mappe catastali
di quel complesso, per muoversi senza perdere tempo. E a questo punto si
sentivano ragionevolmente sicuri che di sopra non avrebbero trovato nessuno…
Chuck aprì la porta. Conosceva
bene i vampiri, e nelle ore diurne, buio o non buio, sarebbero rimasti nel loro
rifugio, in quella loro grottesca catalessi che chiamavano sonno. Il peggio che
la squadra dovesse aspettarsi erano le trappole poste a difesa del rifugio -e
quei mostri sapevano essere davvero creativi, roba da fare sfigurare i più
esperti guerriglieri…
Chuck aprì la porta che dava
sulla scala, meccanicamente perso in quelle brevi riflessioni, deconcentrato
solo per un istante.
Un istante che bastò a colui
che lo attendeva oltre la soglia.
Accompagnato da un ringhio spaventoso, una grottesca figura
animale saltò addosso a Chuck! Lui ebbe solo il tempo di vedersela venire
addosso, poi la sola potenza dell’impatto, oltre a togliergli il fiato, lo scaraventò
all’indietro lungo la cucina, fino alla porta, insieme al suo aggressore…
Un secondo ed un terzo licantropo emersero alla stessa velocità
fulminea. La loro pelliccia era nera, ispida, i loro occhi gialli senza
pupille, le loro zanne, soprattutto i canini, assurdamente lunghi, i loro corpi
un’oscena parodia di uomo e di lupo, senza alcuna armonia.
Una vista spaventosa, rara a
vedersi ma non sconosciuta ai due cacciatori, nelle cui menti risuonò un nome
solo: Farkaskoldoi, i
licantropi-vampiro ungheresi!
Veloce come il lampo, già nel
momento in cui il primo era saltato fuori dalla soglia, Jo Beth aveva estratto
le sue pistole. Le puntò ai due mostri diretti verso di lei, e fece fuoco con
calma, la mira sicura e la mano ferma. “Cuccia, belli,” sussurrò mentre premeva
il grilletto.
I due colpi raggiunsero i
farkaskoldoi a metà salto, penetrando i loro crani. Anche se i proiettili non
contenevano argento, la loro carica a
radiazioni ultraviolette bastò per la natura vampirica dei loro bersagli:
ululando orrendamente per il dolore, i mostri si dissolsero in una nuvola di
polvere che per inerzia investì Jo Beth. “Hai bisogno di una mano, Chuck?”
chiese, voltandosi.
“Stai scherzando, vero..?”
fece lui, che stava cercando di tenere lontano da sé il muso sbavante e
ringhiante del suo avversario. Riuscì finalmente a puntare un piede contro lo
stomaco del farkaskoldoi, e l’esoscheletro nascosto sotto l’uniforme fece il
resto! Il mostro fu scaraventato contro la finestra, e da lì, sfondandola, finì
in strada. Il Sole fece il resto, trasformandolo in un ammasso di polvere.
Jo Beth e Chuck si scambiarono
un’occhiata, pensando ai loro amici: giorno o non giorno, a questi bestioni
bastava il buio per fare dei danni, e non avevano bisogno di essere invitati
per andare a caccia..!
Chuck disse nell’auricolare,
“Capo, qui abbiamo un problema coi fiocchi, rispondete prego. Capo? Sam?”
Silenzio.
“Merda!”
esclamò Jo Beth e corse verso l’ingresso, seguita dal suo compagno…
“Permettetemi di presentarmi,
signori. Io sono il Barone Serjey D’Arby, arcivampiro. E questo villaggio è la
mia temporanea residenza.” Il volto illuminato dai faretti degli elmetti non
mostava la minima traccia del pallore associato ad un vampiro. Anzi, i tratti
aristocratici del Barone erano floridi come quelli di un vivente. E nei suoi
occhi e nel suo sorriso c’era una certa…affabilità. Se non avesse appena
confessato la sua natura, lo si sarebbe potuto scambiare per un eccentrico
aristocratico, vestito com’era con un completo nero elegante di foggia seicentesca.
Sam ed il suo capo non persero
tempo in convenevoli. Con la pressione di un pulsante sulla cintura, la luce
assunse una nuova frequenza.
D’Arby socchiuse appena gli
occhi. “Uhm, ultravioletti, giusto? Per stordire il vostro bersaglio mentre
fate la vostra mossa… Buona tattica, lo ammetto.” Il suo sorriso si accentuò, e
questa volta assunse una sfumatura sinistra. “Purtroppo, inutile col
sottoscritto, ma dovete averlo già capito, vero?”
I due umani si erano appena
scoperti incapaci di muovere un solo muscolo, come se il loro corpo fosse
diventato di legno. Fu con uno sforzo sovrumano che l’uomo riuscì a dire,
“Come..?”
D’Arby si avvicinò alle sue
prede. “Sono stato vampirizzato da Lilith Dracula in persona, miseri mortali. E
grazie alla magia del Necronomicon ex Mortis, possiedo anche le sue immunità. Posso così
superare anche l’ostacolo degli specchi, nei quali mi rifletto. Il mio sguardo
può raggiungervi anche se i vostri occhi fossero saldamente chiusi. In altre
parole, siete miei.” Fece un cenno
con la mano, come a volere scacciare una mosca fastidiosa…e i due umani furono
scaraventati da una forza invisibile contro una parete coperta di simboli!
D’Arby fece un altro cenno, e
i corpi dei due sventurati furono rovesciati e le braccia spalancate. Furono
così trasformati in due sinistre parodie della crocifissione.
“Siete stati veloci a cadere
nella mia trappola, signori,” gongolò l’arcivampiro. “Avevo giustappunto
bisogno di almeno un cacciatore da trasformare in un fedele burattino, e da cui
estrapolare preziose informazioni sulla vostra attività. Con quattro di voi, è
una bella tombola, come usate dire oggi.”
L’uomo e la donna sentirono i
simboli bruciare contro la loro schiena, attraverso l’uniforme e
l’esoscheletro. Rivoli di fumo si sollevarono dai loro corpi…ma la loro
attenzione era tutta per il Barone, che, chinandosi sull’uomo, spalancò una
bocca dai canini lunghi ed acuminati, gli occhi accesi da una spaventosa
bramosia…
I colpi esplosero allo stesso
tempo, quattro detonazioni assordanti in quell’ambiente chiuso.
D’Arby fu raggiunto da un
proiettile alla testa e da tre sul torace, di cui almeno due contro il cuore.
Emise solo dei profondi grugniti, mentre l’impatto multiplo lo scaraventava a terra.
Questa volta, il fumo uscì dalle sue, di carni, mentre l’acqua santa nei proiettili faceva il suo lavoro…ma il mostro non si
dissolse. Invece rimase a terra, sibilando, scosso da convulsioni di dolore.
In compenso, la sua presa su
Sam ed il ‘Capo’ svanì, e i due caddero a terra, battendo la testa.
“Capo, tutto bene?” fece
Chuck, facendo irruzione. In quel momento, quattro farkaskoldoi arrivarono di
gran carriera dall’ingresso della cantina.
“Ma per favore,” disse Jo
Beth, esplodendo altri quattro colpi al loro indirizzo…e mancandoli. Avendo più
spazio di manovra, i lupi-vampiro erano un bersaglio molto più agile e
difficile.
Chuck puntò allora la sua arma
su D’Arby. “Provateci, pulciosi, e dovrete cercarvi un altro papi!”
Che avessero capito o no le parole,
i quattro mostri si fermarono, senza smettere di ringhiare di puro odio.
Non che Chuck avesse voglia di
lasciare questo arcivampiro libero di camminare per il mondo un altro solo
minuto. Voleva solo il tempo necessario ad infliggergli il colpo di gra*
In quel momento, una mano
scarna, esile, dalla pelle giallastra, coperta da laceri stracci, afferrò il
volto di Chuck!
Meccanicamente, il cacciatore
strinse il grilletto, ma lo spavento gli aveva fatto perdere la mira, e il
proiettile si conficcò nel pavimento ad un centimetro dal cranio di D’Arby.
Chuck urlò, urlò come un’anima
in pena, mentre le sue carni venivano consumate dal letale tocco di Carrion! Lo
zombie tolse la mano dal volto della sua vittima, mentre il virus gli divorava
le carni come una spaventosa peste, ricoprendole di macchie rosse, facendo
raggrinzire la carne, dissolvendola…
Gli stessi farkaskoldoi non
sapevano come comportarsi di fronte a questo sviluppo, e si limitavano, stando
sulle quattro zampe, a compiere dei cerchi intorno alla scena.
La consunzione del povero
Chuck aveva richiesto pochi secondi, durante i quali gli altri umani, atterriti,
non avevano potuto che stare a guardare.
“Se pensate che sia stato
brutto quello che avete appena visto,” disse una nuova, spaventosa voce,
“allora dovete provare questo!”
Veniva da sopra di loro!
Istintivamente, urlando, Jo Beth, Sam e l’uomo fecero fuoco all’unisono…
…contro la figura di
Hobgoblin, che cadde su di loro come un allucinante ragno! Non un colpo,
purtroppo, andò a segno.
In compenso, lui riuscì ad
afferrare i volti di Sam e Jo Beth fra le sue mani artigliate guantate! Con la
bocca coperta, le due poverette inutilmente cercarono di dimenarsi…
L’uomo vide Hobgoblin togliere
le mani dalle sue prede…e vide i volti dei suoi due amici ora trasformati in
mostruose maschere ghignanti che di umano non avevano più nulla! “Signore che
sei nei cieli…” mormorò.
“Credimi,” disse il mostro,
facendo saettare una lunga lingua forcuta fra le lunghe zanne della bocca senza
labbra. “Lui può farci ben poco.” Si rivolse alle sue ‘creazioni’.
“Uccidetelo.”
Le creature che erano state
due donne si gettarono contro di lui.
I farkaskoldoi si frapposero
prontamente fra D’Arby e i due nuovi arrivati…ma la loro determinazione a
proteggere il proprio signore fu invero di breve durata. Per la
precisione,divenne esitazione nel momento in cui si materializzò un terzo intruso…
…Una figura umana maschile, il
cui abbigliamento consisteva di un costume rituale dei sacerdoti dell’Antico
Egitto, con un gonnellino blu e oro e un’elaborata cintura pure d’oro
tempestata di rubini. Alle gambe portava un paio di stivali d’oro, e larghi
bracciali dorati ai polsi… Ma quello che colpiva di più era la maschera: tutta d’oro, foggiata nella guisa
di una testa di sciacallo. Almeno, questo avrebbe visto un occhio umano, un
occhio di mortale non allenato a vedere oltre le apparenze…
…Ma le creature nel cui sangue
scorrevano le forze mistiche potevano distinguere oltre il velo delle
apparenze…
...E non era Anubi il
sacerdote quello che si parava davanti a loro: era una figura coperta di nera
pelliccia, dal muso ringhiante, gli occhi d’oro bordati dello stesso colore,
con un drappo azzurro teso dietro la testa. Era Anubi il dio-sciacallo! E non
avevano bisogno di avere fede in lui per avvertire la natura del Grande
Giudicatore delle anime dei defunti.
Davanti ad Anubi, le creature
smisero di ringhiare, anzi uggiolarono penosamente e si ritirarono di un paio
di passi.
Anubi si chinò sulla figura di
D’Arby, sulle cui carni si stava diffondendo una ragnatela scura, come un
cancro che seguiva il percorso delle sue vene. “Con tutto il tuo potere, con
tutte le tue pretese di superiorità, resti ancora un misero uomo incapace di accettare
i propri limiti. Pensi di essere migliore di Dracula e di sua figlia, ma hai
commesso un errore da principiante.”
“Che cosa…vuoi..?” sibilò il
vampiro, il cui volto stava rapidamente invecchiando. Frammenti di pelle si
staccavano a scaglie, rivelando carne grigia e morta. Erano secoli che non
provava un simile dolore, ma non avrebbe implorato pietà, mai!
“Abbiamo bisogno di te.
Concedici il tuo potere, ed avrai un frammento del Caduceo degli Sterling.”
“Cosa..?”
“Lilith Dracula rappresenta un
rischio: non possiamo lasciarle il suo frammento, non ad una Regina. Mentre tu,
che hai il suo potere, fra le nostre fila avrai il tempo di meditare la tua
vendetta contro di lei, e allo stesso tempo sarai un efficace custode del
Caduceo.”
D’Arby non avrebbe implorato
mai, ma per quanto si stesse sforzando, riusciva solo a ritardare
l’avvelenamento che invadeva le sue vene. Stava morendo, ed era questo il suo
sommo terrore: lui era diventato un non-morto per essere eterno, per avere il
potere e scrivere col sangue delle sue vittime il proprio nome nel libro della
storia. E ora… “Va bene, siate maledetti. Accetto la vostra proposta.”
Anubi l’uomo tese la mano e la
posò sul petto del vampiro. La mano di Anubi lo sciacallo affondò nella carne e
depositò nel nero cuore il prezioso frammento.
Il corpo di Serjey D’Arby si
inarcò di scatto, come se fosse stato percorso da una potentissima scossa
elettrica! Il vampiro spalancò gli occhi e la bocca in un grido di agonia,
mentre una luce soprannaturale ne usciva in una sciabolata.
Hobgoblin e Carrion
osservarono il primo divertito ed il secondo impassibile, mentre le due donne
corrotte continuavano ignare il loro banchetto ai danni del loro ex-compagno. I
farkaskoldoi ulularono disperatamente, facendo una strana danza, avanzando
verso il padrone sofferente solo per ritirarsi al passo successivo…
Quando fu finita, il Barone
D’Arby si mise seduto. Non aveva più una sola ferita, e l’avvelenamento da
acqua santa era stato annullato. “Notevole,” disse l’arcivampiro, mettendosi in
piedi. “Davvero notevole.” Si toccò il petto. “Sento il potere del Caduceo scorrermi dentro, fortificarmi…” Si
mise in piedi con un agile salto. “Immagino di doverti un favore, Giudicatore…”
nella sua mente iniziò a tessere un incantesimo che avrebbe neutralizzato
l’avatar umano… Ma quando tese la mano per metterlo in atto, una fitta di un dolore spaventoso gli trapassò il cuore
e le viscere, costringendolo di nuovo in ginocchio.
Tremando, tossendo, D’Arby
sollevò lo sguardo verso il muso del dio. “Che trucco è questo, maledetto?!”
Il ghigno canino era
indubbiamente sfottorio, ora. “Nessun trucco, Barone. Il Caduceo degli Sterling
ti protegge dalla morte, ma ti impedisce di nuocere a chiunque ne porti una
porzione. Nessuna tecnica di autocontrollo, nessuna magia, impediranno che il
tuo essere venga consumato dal dolore ogni volta che proverai ad abbandonare
gli altri portatori senza fare ritorno a loro o a nuocerli.”
D’Arby sibilò. “Per questo, me lo avete dato! Perché non
fossi più di intralcio alla bastarda di Dracula!”
“In un certo senso: Lilith,
ora libera della porzione che tu hai preso, potrà dedicarsi ai suoi affari di
regina come desidera, mentre tu starai con noi. E puoi stare certo che faremo
sempre in modo che tu non trovi un altro portatore.
“Ma hai la nostra parola:
quando dovremo liberarci tutti del Caduceo, tu sarai libero di tornare ai tuoi
complotti per il dominio.”
Il vampiro raccolse il suo
bastone da terra e si spazzolò la mantellina del suo abito con mosse stizzite. “Per
quanto mi riguarda, potevi risparmiarti questa ‘promessa’.” Fissò il dio negli
occhi. “Ma sarò io a prometterti una
cosa: che appena volterete le spalle, mi libererò di questo maledetto incantesimo
e ve la farò pagare nel modo più doloroso possibile.”
“Capisco. Allora, un’offerta
di pace ti sarà gradita, spero.”
D’Arby socchiuse gli occhi,
aspettando di sentire cosa sarebbe saltato fuori questa volta.
Anubi indicò le due donne
corrotte dal potere di Hobgoblin, intente a spolpare le ossa umane insanguinate.
“Una volta estratte le informazioni che ci servono dalle loro menti,” disse
Anubi, “arriveremo facilmente all’intera organizzazione di questi cacciatori di
vampiri e ce ne libereremo. È abbastanza…allettante?”
Oh, lo era! D’Arby considerò
che, in fondo, quei mortali si erano rivelati davvero forti e preparati.
Ucciderli gli avrebbe spianato la strada per il futuro…anche se, per
l’immediato, potevano servirgli proprio per colpire Lilith dove più le avrebbe
fatto male, sì…
Il Barone Serjey D’Arby,
l’ultimo acquisto dei Supernaturals, iniziò a pensare ad un piano…